sabato 29 agosto 2015

The Elder Scrolls Online - Recensione


A cura di Erik "Sgt. Enigma"


VOTO: 5,0

PRO
Comparto sonoro di buona qualità
Art direction di tutto rispetto
Tante modalità multiplayer
Miglioramenti nel sistema di combattimento...

CONTRO
Ma peggioramenti su tutti gli altri frangenti del gameplay
Campagna da dimenticare
"MMO" solo di nome
Tante, troppe modifiche/peggioramenti nelle feature peculiari della saga

Bethesda puntava molto su questo "nuovo capitolo" di una delle sue serie di punta, le promesse erano tante e i fan aspettavano da molto un degno seguito di quel lontano Skyrim che da anni viene spinto dalla forte community di modder, ma questo nuovo orientamento verso un mondo interamente online sarà la giusta svolta per la serie?

Un cambio di genere verso un MM...NO! Ci sono già stati dei titoli che hanno tentato questo cambiamento di genere, (vedesi il diretto concorrente di The Elder Scrolls Online su console:Final Fantasy XIV arealm reborn) ma questi ultimi hanno fatto davvero un salto di genere, da RPG/JRPG in solitaria a veri e propri MMORPG, questo non è il caso di The Elder Scrolls Online Riesce arduo attribuire questo titolo al genere sovrascritto, poiché, in pochissimi tratti si avverte la presenza di un Multiplayer di massa Tanto per cominciare, la campagna è da giocarsi interamente in giocatore singolo, nonostante si possano formare gruppi di esplorazione fino a 12 giocatori, esso non sarà mai utile se non lella parte PvP del gioco, poiché se si entrerà in una quest della storyline principale, solo colui che entra può passare, il resto del gruppo viene brutalmente bloccato all'entrata, ciò migliora qualora si entrasse in un Group Dungeon, dove il limite però rimane basso, poiché è permesso l'accesso solo ad un team di 4 giocatori, tutto ciò già dimostra quanto il titolo sia considerato parte di un genere che non gli appartiene, non solo, i server disponibili sono solo 2:uno europeo e uno americano, ciò comporta che una massiccia affluenza di giocatori causa forte instabilità e spesso di avvertono dei micro-lag alquanto fastidiosi a prescindere dalla propria connessione, ciò fa pensare che dato che la componente competitiva è sbilanciata e poco popolata la scelta migliore sarebbe stata creare un normalissimo capitolo della serie con l'aggiunta di una componente coop a 4 giocatori, ciò avrebbe risolto molti problemi ed evitato parecchie lamentele.


Un miglioramento del Gameplay di Skyrim? Solo nel Combat System... Peccato che il resto sia peggiorato Una delle poche lodi, o forse l'unica che si può fare a questo titolo è l'estremo miglioramento del Combat System della serie Esso infatti riesce a spezzare la monotonia del vecchio e semplicissimo CS a 2 tasti con varianti particolari degli attacchi base, combo di abilità attive attivabili al costo di Punti magia tramite delle combinazioni di tasti che permettono delle combo, sia singole che cooperative (Altro potenziale sprecato, dato il numero limitato di giocatori e, di conseguenza, di combo) Peccato che tutto il resto del gameplay è peggiorato... Primo fra tutti l'interattività ambientale:quasi conseguenzialmente al, ripeto "apparente" cambio di genere, il titolo ha visto una drastica diminuzione dell'interattività, tasto dolente dato che era uno dei vanti più importanti della serie... Gli sviluppatori di Bethesda Softworks durante un discorso presente nel videodiario rilasciato nell'edizione GOTY di The Elder Scrolls IV:Oblivion, dissero di essere orgogliosi di aver creato un mondo in cui il giocatore poteva avere ciò che voleva, la loro filosofia, spiegava chiaramente lo sviluppatore, era di evitare completamente la sensazione di invidia verso un equipaggiamento nemico, per poi farmarlo fino a quando esso non lasciava cadere il drop desiderato "qualsiasi oggetto di tuo interesse, può essere preso, se ti fa piacere, a partire dalla spada del capitano nemico, ad un semplice fiore di montagna trovato sul sentiero di cui stai passeggiando" furono le parole dello sviluppatore, ecco, in questo capitolo, l'intera filosofia è andata allo sbaraglio, in circa 50 ore di gioco, mai abbiamo riscontrato un minimo richiamo a quelle piacevoli sensazioni di libertà concesse nei capitoli precedenti.


Infine, arriviamo alle modalità... Aggravata ancor di più dal problema precedente riguardante la scarsa interattività, la trama di The Elder Scrolls Online, risulta spenta, priva di veri colpi di scena, banale e scontata, con un game start eccessivamente confusionario per un titolo del genere, esso infatti ci lancia nel monto di gioco dopo circa una 10 di minuti in cui si viene bombardati da centinaia di domande di cui in alcuni casi non si troverà risposta nemmeno all'endgame Almeno, l'art Direction si salva da tutto questa indecenza, i paesaggi, soprattutto nelle aree più grandi risultano sì spogli e sporadicamente simili tra loro, ma a contempo la direzione artistica della serie, in particolare quella di Morrowind è stata mantenuta intatta, ciò regala scorci grafici e panorami dall'impatto a tratti davvero piacevoli, considerando anche l'ampiezza della stessa mappa che però ripercorre buona parte delle zone già viste nei precedenti capitoli della serie In aggiunta vediamo la modalità competitiva PvP, riuscita a tratti ma estremamente sbilanciata Il gioco ,infatti, dopo la creazione del personaggio chiede di scegliere una fazione oltre che la propria classe, qui c'è da fare una distinzione importante: Se la differenziazione delle 4 classi è evidente e ben marcata (Nonostante sia mantenuta la stessa liinea di sviluppo a crescita libera della serie, ma dato il forte impatto ruolistico, i giocatori tuttofare non servono a nulla) Tra le classi troviamo il DragonKnight, prode guerriero in grado di utilizzare occasionalmente magie elementari NightBlade, classe dedicata alla furtività e gli attacchi a distanza con l'arco Sourcer, classico stregone dedicato ad attacchi elementari e magie curative Templar, Classe sinergica, particolare variante di guerriero che è in grado di infondere bonus passivi agli alleati Mentre, la scelta della fazione, specialmente all inizio appare come una scelta completamente priva di senso Essa, infatti delinea semplicemente la squadra a cui si verrà attribuiti nella modalità PvP, ed attribuisce uno spawn iniziale da cui dare il vita alla storyline principale, e rimane un elemento di poco conto per tutto il resto della permanenza a Tamriel.



COMMENTO FINALE
The Elder Scrolls Online, per ora è un misero fallimento di portare l'acclamata serie nel mondo del multiplayer di massa Il nuovo ed entusiasmante Combat System, accompagnato dall'art direction piacevole e da un sonoro azzeccato, non bastano per rimediare ad un gioco con problemi alla base, che presenta una trama spenta, multiplayer ricco di modalità ma sbilanciato e semi abbandonato e una castrazione nei parametri fondamentali della serie, e l'instabilità dei server, la scarsa interazione con gli altri giocatori ed il comparto tecnico a tratti obsoleto che presenta animazioni poco curate e molto legnose con la visuale in terza persona, non aiutano affatto Ci troviamo dunque ad un titolo che, se avesse perfino mantenuto il modello ad abbonamento mensile annunciato inizialmente, a quest ora sarebbe già del tutto abbandonato, confidiamo che i ragazzi di Zenimax e Bethesda si diano una svegliata entro tempi brevi.

sabato 18 luglio 2015

Batman: Arkham Knight - Recensione


A cura di Lorenzo Drake

VOTO: 7,0

PRO
Ottima grafica
Buon sistema di controllo della Batmobile
Sfide dell'enigmista ben congegnate

CONTRO
Pessima gestione del ritmo
Fasi con la Batmobile estremamente ripetitive
Narrativa inaccettabile
Missioni secondarie anonime e per nulla varie


Batman non era certo ricordato per i videogiochi, a causa di titoli dimenticabili e mal realizzati, almeno fino all'arrivo di Rocksteady, che nel 2009 stupì con Akrham Asylum e due anni dopo con un altro capolavoro, Akrham City. Si credeva che Origins fosse l'antipasto in attesa di Knight, in realtà così non è stato, scopriamo perché.Batman non era certo ricordato per i videogiochi, a causa di titoli dimenticabili e mal realizzati, almeno fino all'arrivo di Rocksteady, che nel 2009 stupì con Akrham Asylum e due anni dopo con un altro capolavoro, Akrham City. Si credeva che Origins fosse l'antipasto in attesa di Knight, in realtà così non è stato, scopriamo perché.

Come peggiorare quanto di buono fatto in una saga
La narrativa dei precedenti episodi si è mantenuta su alti livelli, grazie a personaggi credibili e un ritmo avvincente, non da meno i villian, sempre spettacolari e ben adattati nel contesto. Purtroppo in Arkham Knight riconoscere l'abilità di Rocksteady è molto difficile; in poche parole potremmo dire che è nettamente inferiore, e non solo, alcuni difetti sono da principianti della scrittura. Il processo inverso della maturazione definitiva con il capitolo finale di una serie.
Spaventapasseri si è impossessato di Gotham City, come sempre spetta a Batman salvare la città, questa volta tornementato dai sensi di colpa per la morte di Joker. Nell'incipt della storia impersoneremo un poliziotto, ed è sinceramente esaltante, lasciando presagire a uno sviluppo originale e spettacolare, invece affonda nella mediocrità sempre più con il proseguimento degli avvenimenti. Crane si rivela sottotono, privato del mordente che caratterizzava i precedenti villain, peraltro si vede solo in poche scene e a tratti sparisce del tutto; ancor più deludente è il Cavaliere di Arkham, un personaggio fuori luogo e assolutamente prevedibile, affossato ulteriormente dalla sua presenza nelle fasi stealth, che comunica ai criminali informazioni estremamente ripetitive sulla posizione del Pipistrello. Tornano anche Due Facce, Pinguino e altri "storici", tutti relegati a veloci cut-scenes, non esattamente la degna conclusione. Pessimi i colpi di scena, banali e per nulla ispirati. Fortunatamente almeno uno si salva: il Joker, le cui apparizioni sono divertenti e ben costruite, un ritorno abbastanza originale, nonostante appaia quando fa comodo alla narrazione. Una trovata assurda riguarda il finale: per sbloccare quello vero si dovranno raccogliere tutti i collezionabili e completare al 100% le quest; paradossale visto che si tratta del capitolo finale.


L'attesissima Batmobile, una new entry fin troppo presente
Ormai conosciamo tutti il gameplay degli Arkham: un ottimo sistema di combattimento denominato FreeFlow, fasi stealth ricche di approcci ed esplorazione unita ad enigmi ambientali con l'utilizzo dei molteplici gadget. La formula non è invecchiata, anzi si presenta superiore a titoli oggi impresentabili come AC: Unity. La Batmobile è senza dubbio l'elemento principale di Knight, ciò che tutti i fan attendevano e che sembrava dovesse elevare il gioco a capolavoro della quadrilogia. Il mezzo presenta un design eccezionale, curato fin nei minimi particolari e dotato di armi molto potenti; il sistema di controllo è di ottima qualità: tre visuali, modalità "guida" per sfrecciare in tutta Gotham e un'altra di combattimento più lenta e precisa. Nelle prime ore di gioco sorprende positivamente e amplia le meccaniche ormai consolidate verso nuovi orizzonti, il problema sorge nel momento in cui si capisce che dopo quelle che poche ore si esauriscono le novità, è tutto lì, gli upgrade si limitano ad incrementi della potenza delle mitragliette fisse o alla capacità di schivare più velocemente. Avrebbe potuto salvarlo in parte una varietà accettabile di corazzati, così non è stato, bensì vi sono due tipologie di tank: i classici che incontreremo fino alla fine e altri più voluminosi da inseguire furtivamente e agganciarli con conseguenti missili. L'automobile dà il meglio di sé nelle sfide dell'enigmista, questa volta separate dai collezionabili sparsi per la mappa, complessivamente sono 10 e il nostro amato/odiato veicolo dovrà evitare ostacoli (con l'aiuto di un'interessante funzione che permetterà di attivarli e disattivarli), oltrepassare pareti similmente ai platform game e dare prova di velocità con il propulsore. Se siete rimasti delusi da i problemi descritti, non è finita: il bilanciamento fra Batmobile, combattimento e fasi stealth corrisponde rispettivamente a 70%, 20% e 10%, il dubbio è che abbiano voluto dare spazio alla "grande novità", senza pensare che dovrebbe essere pur sempre una delle caratteristiche del gameplay e non quella principale.


Dimentichiamoci l'intensità e la varietà dei precedenti capitoli
Soffermiamoci ora su una delle debolezze maggiori: le quest secondarie. La maggior parte sono ripetitive fino alla nausea e quelle con proprie storyline si concludono davvero velocemente, un passo indietro notevole, e come se non bastasse ve ne sono un paio che rasentano il demenziale tanto semplici e inutili.
Le novità sono davvero poche: due gadget fin troppo utili e qualche abilità come il triplo Ko, quest'ultimo in particolare rende ben più semplici le sequenze furtive; si salva l'I.A: i nemici vi staneranno nelle grate, invieranno droni e bruceranno i condotti, peccato che non serva a molto considerata la grande facilità con cui si portano a termine la maggior parte delle situazioni; ebbene nemmeno la difficoltà si mantiene sui livelli del passato, ormai un lontano ricordo, Batman è così potente da eliminare senza troppi problemi eserciti di avversari e un grande numero di carri armati. Da notare inoltre la rigidità con la quale si utilizzano i gadget, tutti relativi a poche missioni principali e decisamente guidati. Un accenno al dual play, costituito da combattimenti in coppia nei quali si può switchare da un personaggio all'altro (Robin, Nightwing e Catowman), un'idea buona ma inconsistente a dir poco, forse qualcosa di più che pochi secondi di presenza complessiva di Nightwing avrebbero aiutato. Una delle maggiori qualità sono le investigazioni, piuttosto varie e coinvolgenti, fra ricostruzioni di scene del delitto in 3D, riavvolgimento di sequenze su schermi ed analisi anatomiche del corpo umano, quest'ultime sono il punto debole fra le tre categorie. A questo punto viene difficile elogiare la vastità della mappa, suddivisa in tre aree, vista la povertà del mondo di gioco. Altro grave difetto è l'assenza di boss fight, può essere che non abbiano più idee? Inaccettabile per una software house di un simile spessore.


La maestosità di Ghotam City
A primo impatto Akrham Knight è eccezionale: modello di Batman curatissimo, pioggia battente molto realistica e un'orizzonte sconfinato, a cui si aggiungono texture che spaziano dal buono all'ottimo, esplosioni spettacolari e dimensioni della mappa maggiori. Gli altri personaggi non godono dello stesso dettaglio, alcuni volti sembrano appartenere alla passata generazione e le animazioni sono a tratti legnose. Si tratta di una versione modificata dell'Unreal Engine 3, ma il lavoro svolto rispetta i canoni attuali, un esempio è l'assenza di caricamenti fuorché il riavvio dopo la morte. Le location interne non sono memorabili come molte di City, si dimenticano facilmente e per una serie come questa è un vero peccato.
Sul fronte sonoro abbiamo doppiaggio ed effetti buoni come sempre, non affiancati da una colonna sonora adeguata, i temi principali di City avevano una carica diversa dagli attuali, non spiacevoli, ma sicuramente sottotono.
La longevità si assesta sulle 12 ore per completare la storia a difficile (che corrisponde al normale/facile dei precedenti) e molte più per un completamento del 100%.


COMMENTO FINALE
Batman Arkham Knight non è la degna conclusione di una saga tanto importante. Il pessimo bilanciamento danneggia i singoli compomenti del gameplay. La Batmobile è dotata di un ottimo sistema di controllo, ma davvero ripetitiva a causa di sole due tipologie di tank, una presenza eccessiva abilità quasi inutili; il combattimento e le fasi stealth sono ottimi come sempre, peccato che siano in numero estremamente ridotto e la grande facilità rispetto ai precedenti si fa sentire non poco. Nemmeno la storia convince, anzi stupisce per quanto sia banale e mal costruita, i personaggi sono sottotono e prevedibili, si salva in parte solo il Joker. Le missioni secondarie sono estremamente simili fra loro e caratterizzate da storyline risibili, in conclusione possiamo affermare che non c'è un minimo dell'intensità a cui la serie ci ha abituato. L'ottima grafica non serve a molto, considerata la delusione generale. Consigliato a chi cerca un action adventure discreto e ai fan irriducibili di Batman.


domenica 21 giugno 2015

Wolfenstein: the Old Blood - Recensione



A cura di Lorenzo Drake

VOTO: 7,5

PRO
Mantiene l'eccellente shooting di TNO
Ambientazioni varie e spettacolari
I livelli di Wolfenstein 3D
Buon rapporto qualità/prezzo

CONTRO
Poche novità
Narrativa superficiale
Gli zombie sono deludenti

A distanza di un anno dall'uscita dell'acclamato fps old school Wolfenstein: the New Order, Machine Games si ripresenta con un'espansione stand alone dell'originale. Mantenere l'elevata qualità di game design di TNO non è facile, sarà riuscito nell'intento il nuovo arrivato di questa promettente software house?

Ritorno alle origini
Anno 1946, la Germania si conferma la più grande potenza bellica mondiale grazie alle avanzatissime tecnologie a disposizione, fra le quali ve n'è una particolarmente devastante ancora in preparazione, progetto nascosto fra gli archivi dell'occulto castello Wolfenstein. Da queste premesse, capiamo immediatamente la narrativa di Old Blood, ovvero un prequel con una differenza di vent'anni da TNO, con protagonista ancora una volta Blazkowicz. Purtroppo la qualità non è pari al predecessore: i nuovi personaggi sono dimenticabili e i dialoghi non sono certo da lodare a causa di una scarsa ispirazione; si salva fortunatamente il cattivo di turno, che non vi sveliamo in anticipo, ma che assicura qualche momento di tensione. Se la cura riposta alla trama non è come ci aspettavamo, lo stesso non si può dire della realizzazione del mondo di gioco, caratterizzato da note sparse nei livelli davvero interessanti e ricche di sfumature. Attenzione comunque a non sottovalutare il lavoro svolto dal team di Machine Games: il risultato è più che soddisfacente se si considera che è un'espansione e non un vero e proprio gioco, uscita peraltro a meno di anno dal prequel.


Nazisti e ... nazi-zombie?
Il gameplay si presenta esattamente come quello di TNO, permane perciò l'elevata qualità delle meccaniche di shooting. Da notare come non si parta con tutte le armi già sbloccate ma le si devono recuperare man mano che si prosegue; poche sono le aggiunte a riguardo, fortunatamente come sempre di ottima qualità, inoltre il design di esse è evidentemente più antico, rispecchiando il periodo. La vera novità è il tubo, che avrebbe dovuto permettere una verticalità maggiore, in realtà è "solo" un buon oggetto multiuso, le cui funzioni consistono nella possiblità di scalare alcune pareti, per la maggior pate delle volte obbligatorie al proseguimento della storia, e di uccidere i nemici furtivamente e in fase d'attacco. Possiamo idealmente suddividere Old Blood in due parti: una prima che compone il 70% circa del gioco ambientata nel castello Wolfenstein (annessi luoghi a esso correlati) e una seconda ben più breve in una cupa cittadina assediata dai nazi-zombie. E' indubbiamente la prima delle due la più coinvolgente e impegnativa, grazie a un'alternanza quasi perfetta tra fasi furtive e di pura azione, tutte dotate di un buon level design, che seppur non raggiunge le vette qualitative di TNO, si dimostra efficace e superiore alla media; i capitoli successivi vedono protagonisti esclusivamente gli zombie e risultano deludenti a causa di una scarsa difficoltà lontana dai livelli precedenti. Discreta la varietà di situazioni e ottimo il ritmo: sequenze d'inflitrazione, cecchinaggio, mini boss fight e altro ancora; dimenticabile il boss finale: qualitativamente inferiore a quello di TNO, nonostante possa sembrare impegnativo. L'I.A. fa il suo dovere senza eccellere, anzi a volte è fin troppo statica, siamo in ogni caso distanti da quella degli fps bellici. Parliamo ora di una delle idee migliori: l'introduzione di un livello di Wolfenstein 3D per ogni capitolo, nei quali vi saranno armi e mappe di Old Blood (e relativa grafica attuale) negli ambienti del suddetto vecchio titolo ID Software.
Oltre alla storia principale sono presenti delle sfide da sbloccare a dire il vero noiose e ripetitive, utili solo ai fanatici dello shooting, sicuramente un'aggiunta efficace, ma superficiale.


Un pericoloso castello e antiche cittadine
Tecnicamente Old Blood non è all'avanguardia, ma si mantiene accettabile grazie a buoni effetti di luce e personaggi molto dettagliati. Dove è capace di stupire è nelle ambientazioni, evocative e varie, sopra la media considerando che si tratta di un'espansione; sia il castello Wolfenstein che i sobborghi non sono inferiori a molte delle location di TNO. Ottimo il sonoro: armi da fuoco realistiche e un doppiaggio di spessore garantiscono un grande coinvolgimento. Concludiamo con la longevità: circa sei ore per completare la storia principale e qualcuna di più se si giocano le sfide.


COMMENTO FINALE:
Wolfenstein: the Old Blood è una buona espansione, che prevedibilmente non è ai livelli del sorprendente the New Order. In vendita a un prezzo onesto e capace di offrire ore di grande divertimento, grazie alle ottime ambientazioni e alla longevità più che sufficiente, senza dimenticarsi dell'eccellente shooting mantenuto dal predecessore; purtroppo si rivela superficiale la narrativa, sostenuta solo dalla cura con cui è stato realizzato il mondo di gioco, difetto non così grave a confronto dell'apprezzabile lavoro svolto su ogni aspetto da parte di Machine Games. Consigliato a chiunque sia piaciuto particolarmente l'originale.

The Witcher 3: Wild Hunt - Recensione

Bene amici, benritornati sul vostro blog di VG preferito, questa volta si parla di... 


a cura di Stefano "Calvinator2"

VOTO: 9.5

PRO
Sceneggiatura ottima, personaggi ben caratterizzati
Combat system tattico e profondo
Mondo di gioco enorme e pieno di cose da fare
Il Gwent
Trame secondarie molto curate

CONTRO
Il CS perde colpi alle difficoltà minori
Cali di frame rate e piccoli bug
Terzo atto affrettato

Non ve l'aspettavate eh? La lunga assenza è causata da impegni di ogni tipo, impegni che non mi hanno impedito di giocare a fondo The Witcher 3. Prendete i pop corn prima di accomodarvi in sala e sgomitate per sedervi in prima fila che sennò non sentite una mazza di quello che diciamo, si parte con la recensione!

Iniziamo subito col mettere in evidenza una cosa: la sceneggiatura di TW3 è diverse spanne sopra alla media dei VG, tratta argomenti come la diversità e l'odio con intelligenza ed è scritta con perizia e cura, senza buchi. Tuttavia, se non avete letto i libri, o, ancor peggio, giocato i titoli precedenti, potreste trovarvi in difficoltà nel capire alcuni passaggi. I CDP hanno fatto un ottimo lavoro nel mantenere la caratterizzazione dei personaggi coerenti con i libri. La trama principale del titolo si lascia seguire con interesse, pur essendo abbastanza lineare. 
Nota di merito per le scelte da fare: esse influenzano realmente il mondo di gioco e gli NPC reagiscono in maniera verosimile a ciò che gli diremo.



Più grande del Lussembrugo
Le aree del mondo che andremo ad esplorare nei panni del nostro fido witcher saranno principalmente 3: c'è il Velen, una terra selvaggia e inospitale con al centro un'enorme palude; Novigrad, la città delle arti, che ospita anche l'accademia di Oxenfurt; e si finisce a Skellige, un arcipelago montuoso con scogliere a picco sul mare. In più ci sarà qualche piccola location come Vizima o Bianco Frutteto. 
Pensate che i km totali esplorabili sono circa 150! Il mondo non è semplicemente un contenitore vuoto...
*Inquisition e Skyrim fanno ciao con la manina grassoccia* 
...ma un vero e proprio ecosistema con animali che vanno e caccia e mostri che uccidono ignari mercanti poco prudenti.
La varietà dei paesaggi non manca, senza contare che ogni location è letteralmente disseminata di segreti e chicche che invogliano l'esplorazione.

Ammazza-mostri
Il combat system è uno dei punti forti del titolo, Geralt dispone di attacchi leggeri, potenti, segni (incantesimi dei witcher) schivate, parate, contrattacchi e un attacco a distanza con la balestra; utile per uccidere arpie, viverne e grifoni. Inoltre il personaggio è un piacere da muovere ed è molto agile.
Ci sono dei piccoli difetti che portano il personaggio a incastrarsi talvolta nello scenario ma non pregiudicano la qualità elevatissima del divertimento offerto. 
Il gioco è da giocare rigorosamente a Marcia di Morte per potersi gustare appieno la tatticità degli scontri offerta dal titolo: dovrete valutare con attenzione quali pozioni portarvi dietro e quali unguenti preparare per avere la meglio sui mostri, specialmente nei contratti da witcher, tutti davvero ben fatti. Non piangete se il gioco è facile o il CS poco profondo se giocate a normale. (vero pseudorecensori?)
*Gli pseudorecensori fischiettano dalle ultime file*
Il sistema di crescita si basa sullo sbloccare e potenziare le abilità con i punti esperienza che si ottengono salendo di livello oppure sbloccando dei luoghi di potere in giro per il mondo.
Purtroppo si possono tenere solamente 12 abilità attive contemporaneamente, personalmente è una cosa che ho apprezzato perchè costringe a scegliere in cosa specializzarsi. Ma qualcuno potrebbe trovarlo limitante. (Probabilmente questo limite verrà modificato in futuro con l'arrivo della modalità NG+). 



I peli del viso di Geralt!
Il comparto tecnico del titolo è semplicemente magnifico: meteo dinamico, ciclo giorno/notte e vento che sposta alberi e capelli dei personaggi dinamicamente, ombre che variano in base alla fonte di luce e superficie dell'acqua che si increspa in maniera realistica al vostro passaggio.
Particolare carino è il fatto che la barba di Geralt cresce col passare del tempo, sarebbe stato bello se avessero aggiunto questa feature anche ai capelli.
I volti sono animati in maniera realistica e convincente, i modelli dei personaggi e dei nemici sono ricchissimi di dettagli, davvero eccezionali da ammirare (soprattutto Yen e Tris, se capite cosa intendiamo). C'è comunque qualche modello riciclato tra i fabbri, i mercati e gli NPC in generale.
La colonna sonora del gioco è epica e capace di tenervi col fiato sospeso nelle situazioni più concitate, con alcune melodie (specie del Gwent) che vi rimarranno in testa per parecchio. Il doppiaggio in inglese è fantastico e non penso di dover aggiungere altro, giocate per credere.



Non finisce mai!
La longevità del titolo è eccezionale: almeno 100 ore per completarlo al 100%, la durata delle missioni principali si attesta sulle 40 ore, ma sarebbe un peccato perdersi le missioni secondarie, ognuna con personaggi ben caratterizzati e dalle sotto-trame avvincenti e mai banali. Ogni missione secondaria è unica, i dialoghi sono sempre brillanti e rendono un piacere completarle.
*Inquisition è inutile che cerchi di uscire dalla sala, le porte sono bloccate!*
Dicevamo, ah sì, i dialoghi. In generale le battute sono tutte ben scritte e i personaggi si comportano in maniera coerente.
*Skyrim alza la manina grassoccia*
No, Skyrim, Tu non puoi avere dei dialoghi che non siano scritti da scimmie monche. Ora siediti e sta' zitto!
Qualche caduta di stile c'è, come il "quartiere a luci rosse" e un paio di vocaboli moderni che stonano nel contesto medievale dell'opera. In generale la scrittura è davvero ottima, i personaggi vi rimarranno nel cuore.
Peccato che il terzo atto risulti un po' frettoloso, con alcuni passaggi affrettati, ci voleva più calma!
*Torturatore imperiale, dieci frustate ai CDP!*

NOTA: il gioco del Gwent è una vera droga. Si tratta di un gioco di carte collezionabili molto divertente. Davvero una grande idea, è molto più profondo di quello che sembra all'inizio. Si possono pure stampare le carte per giocarci nella realtà! 



COMMENTO FINALE:
The Witcher 3 rappresenta il nuovo termine di paragone per i GDR: la trama presenta personaggi con uno spessore che non abbiamo mai riscontrato in altri giochi, e, seppur non abbia grandissime sorprese, è capace di intrattenere ed è di elevata qualità e coerenza. Le missioni secondarie hanno delle vere e proprie trame e non si riducono all'andare da un punto A al punto B ed hanno anche (alcune) diversi modi di concludersi. (Nota di merito per quelle ispirate ai miti europei)
Il sistema di combattimento è appagante e sa regalare diverse soddisfazioni, a patto che giochiate a difficoltà che abbiano una ragione d'esistere. (Purtroppo ormai la difficoltà normale equivale a quella per i minus habens).
In conclusione, non potete lasciarvi scappare un gioco mastodontico come TW3, anche solo per capire come va' sviluppato un GDR open world come Dio comanda. Consigliato senza riserve a chiunque non pensi che Bethesda e Bioware siano bravixxime a sviluppare GDR. Voi, all'uscita della sala, troverete ad aspettarvi degli uomini in bianco, non abbiate paura e fate come vi dicono. Per il vostro bene.

martedì 12 maggio 2015

Rant Post - La critica "Specializzata"

Ok questo sarà un articolo veloce veloce, vorrei solo portare in evidenza le boiate della cosiddetta critica specializzata italiana.
TW3 non l'ho giocato ma ho letto delle cose da far accapponare i capelli.

Iniziamo da:

Eurogamer.it

I limiti del sistema di combattimento, di una I.A. non certo impeccabile e di una mancanza di pulizia generale, penalizzano un prodotto di qualità superiore, rendendolo globalmente meno solido di un Dragon Age Inquisition, che pur non potendo contare su un comparto narrativo altrettanto potente risulta globalmente più equilibrato.

C'è davvero bisogno di aggiungere altro?

Analizziamo parte per parte, confrontandolo con DAI (visto che viene citato come più solido):

I limiti del sistema di combattimento

Quello schifo di combat system né carne né pesce che ha DAI allora cos'è?

I.A. non certo impeccabile

Minchia in DAI i nemici sono un genio di tattica

una mancanza di pulizia generale

DAI invece è pulitissimo, certo. I milioni bug ce li siamo sognati tutti.

rendendolo globalmente meno solido di un Dragon Age Inquisition

AHAHAHHAHAHA perfino la cacarella è più solida di DAI

risulta globalmente più equilibrato.

Io TW3 ancora lo devo giocare eh, ma DAI è equilibrato? Da quando?


Prendiamo in esame i contro elencati da Spaziogames, maestri di critica, infatti per loro DAI ha preso il GOTY.

- Combat system basilare, e IA nemica scadente
- Cali di frame rate e un gran numero di bug
- Struttura abbastanza ripetitiva delle quest


Senza soffermarsi sulla rece, cosa che farò quando avrò finito il gioco anche io, si può vedere invece il voto: 8.5; per carità ci sta, di certo non faccio dei voti il sacro metro di giudizio per valutare un gioco, ma poi vediamo quell'aborto di DAI prendere 9 con questi difetti:

- Una mandria di bug
- Visuale tattica abbastanza limitata


Ma fate davvero? Davvero non avete un briciolo d'onestà intellettuale? E la trama schifosa? E i dialoghi penosi? E le quest farlocchissime che riempiono un gioco che altrimenti dura 8 ore? Niente. Nessuna traccia di questi contro.

Ora i casi sono 2: 

- O i recensori non hanno la minima idea di come analizzare un gioco e neanche le basi per capire se la sceneggiatura di un titolo faccia schifo o no

- Si calano qualcosa di pesante, del resto per definire DAI, cito testualmente: " un GDR eccezionale" qualcosa in vena bisogna esserselo sparato.

Visto che censurano le critiche alle loro recensioni mi sembra giusto far uscire le cazzate che sparano, perché poi alla fine chi spende i soldi per i giochi siamo noi, non loro.

sabato 25 aprile 2015

Hotline Miami 2: Wrong Number


Recensione a cura di Lorenzo Drake
8.25
Narrativa più chiara e complessa
Gameplay rifinito
Colonna sonora di ottima qualità
Meno maschere comportano una maggiore varietà...

... E una rigidità forse eccessiva
Nessun ritocco alla scarsa I.A. nemica

Nel 2012, Dennation Games pubblica Hotline Miami, originale indie caratterizzato da uno stile grafico old style, un'ipnotica colonna sonora e un gameplay molto impegnativo. Quest'anno è finalmente uscito l'atteso seguito, "Wrong Number".

Follia narrativa
La narrativa, a differenza del precedente capitolo, è molto meno misteriosa, le tesissime vicende che costituiscono la storia si seguono scorrevolmente e la complessità si mantiene comunque su ottimi livelli: i personaggi denotano un'ottima caratterizzazione, decisamente superiore al primo, e certo non sono pochi; la storia non è narrata in ordine cronologico, bensì vi saranno salti temporali che comporteranno di conseguenza nuove ambientazioni e chiarimenti sugli avvenimenti presenti; una nota di merito spetta all'oscuro e bellissimo capitolo finale. L'unica critica che potremmo muovere riguarda i testi: completamente in inglese, fortunatamente il linguaggio è molto semplice considerate le schermate "da skippare" vecchio stile.



Meno maschere, livelli più ampi: formula vincente?
Per chi ancora non conoscesse Hotline Miami, rimandiamo alla rispettiva recensione, nel quale sono spiegate le meccaniche di gioco; qui approfondiremo prevalentemente le novità e le differenze con il precedessore.
La scelta delle maschere è stata drasticamente ridotta, nella maggior parte dei livelli dovremo affidarci all'unica in dotazione, ciò comporta una maggior rigidità e apparentemente linearità, in realtà si tratta di una precisa soluzione narrativa e ludica: la varietà è nettamente aumentata, le abilità dei pg sono moltissime ed estremamente differenziate fra loro, perciò in pochi stage passaremo da pg in coppia dotati contemporaneamente da coltello e fucile, ad un'altro ugualmente brutale che uccide a mani nude (senza difesa dalla lontananza), fino ad arrivare a "ninja" con la possibilità di schivare proiettili rotolando. C'è anche una seconda importante evoluzione, ovvero l'ampiezza delle aree: si susseguono stage lineari e narrativi ad altri molto spaziosi e ricchi di possibilità grazie al buon level design, che in particolare nelle fasi finali raggiunge sorprende davvero; l'unicità delle maschere e le ambientazioni estese costituiscono un incremento della difficoltà, completare tutti gli stage con A+ è una vera impresa riservata solo ai più abili e pazienti.
Un'altra piccola miglioria riguarda le armi da fuoco, finalmente importanti quanto le armi bianche, grazie a una disposizione dei nemici più efficace e a un lock particolarmente stabile.
Purtroppo non tutto è perfetto e vi è un unico difetto che si fa sentire abbastanza: L'I.A, ben pochi accorgimenti sono stati effettuati, l'intelligenza d'essi è, come il precedente, quasi nulla; sopperisce parzialmente al problema la grande varietà d'armi che essi utilizzano.


Non solo Miami
Come nel primo capitolo, la grafica si presenta come un vecchio titolo anni 90' sia per animazioni che per scenari, con l'ovvio beneficio dell'alta definizione, ma anche in questo aspetto Dennation ha lavorato intelligentemente, mantenendone le qualità e ampliandola di moltissimi dettagli che rendono le ambientazioni vive e credibili come mai prima d'ora; fa piacere anche la presenza di nuovi scenari quali foreste e luoghi pubblici, i quali assicuriamo siano indubbiamente un valore aggiunto.
Non possiamo non citare la colonna sonora, arricchita di numerose new entry tra gli artisti e, sorprendentemente, una maggior varietà di musiche, alcune davvero riuscite e perfettamente in tema alle situazioni, che siano inquietanti, frenetiche o spettacolari.
Molto buona la longevità, considerato il prezzo: abbiamo completato la storia in circa 7/8 ore, ma si possono superare facilmente le 15 ore cercando di ottenere A+ in tutti i livelli e cercando di finire il gioco in modalità difficile (quest'ultima realmente impegnativa).


COMMENTO FINALE
Wrong Number è un seguito con caratteristiche diverse dal predecessore sia ludicamente che narrativamente; situazioni e personaggi sono molto più scorrevoli, ma non per questo mancano di spessore, anzi si mantengono di ottima qualità; l'ampiezza dei livelli e la rigidità nella selezione delle maschere offrono una sorprendente varietà d'abilità, un level design ancora più elaborato ed infine un incremento della difficoltà non da poco. L'unica nota negativa riguarda l'I.A. nemica, ancora troppo approssimativa, ma ciò non danneggia l'eccellente lavoro svolto da Dennation Games. Se il primo capitolo vi è piaciuto, non potete lasciarvi scappare questo seguito.




martedì 21 aprile 2015

Bloodborne


Recensione a cura di Stefano "Calvinator2"
9.0
Armi uniche
Level design fuori parametro
Gameplay eccezionale
World Building

Caricamenti decennali
Chalice dungeon ripetitivi 

From Software ha saputo, nella scorsa generazione, riportare in auge i giochi "difficili"; nella saga Souls infatti il giocatore è catapultato in un mondo ostile senza avere idea di dove deve andare, e solo con molto impegno e dopo tantissime morti può sperare di uscirne. Ora su PS4 FS e Sony Japan ci portano Bloodborne, un diverso modo di approcciarsi al modo di giocare tipico dei Souls, senza perdere le caratteristiche tipiche della serie.

Il Sanguesmunto
Come in ogni Souls, più che di una trama orizzontale si può parlare di lore, il world building fatto da FS è eccezionale, le vicende inizieranno nella città di Yharnam, dove è iniziata una caccia ai portatori di sangue infetto, voi inizierete nei panni di uno di questi cacciatori.
Il mondo di Bloodborne diventa sempre più malato e affascinante man mano che si avanza nel gioco e che i retroscena vengono scoperti, al giocatore vengono dati degli indizi e spetta a lui interpretarli e metterli insieme. Per la comprensione totale di ogni aspetto di questo sfaccettato titolo non si possono non giocare i tre finali, di cui uno "segreto".
Promosso a pieni voti come atmosfera e mondo di gioco, probabilmente il migliore degli ultimi anni.


Schiva e colpisci!
Dove Bloodborne differisce maggiormente dai suoi predecessori è nel gameplay: se nei Souls gli scontri erano lenti e ragionati, quasi scacchistici, nel nuovo nato di FS il ritmo è cambiato radicalmente.
Gli scontri ora sono veloci e frenetici, non si potrà più contare sul parare gli attacchi nemici ma bisogna schivarli, in questo senso abbiamo due possibilità: se il nemico non è lockato potremo schivare con una capriola, il raggio di spostamento è ridotto ma il frame di invulnerabilità più ampio; viceversa, se abbiamo un nemico lockato la schivata avverrà tramite uno scatto direzionale, il raggio di spostamento si amplia notevolmente ma dovrete essere parecchi precisi con il timing per riuscire a non subire danni.
La parata ora invece va effettuata con l'arma da fuoco: se sarete abbastanza abili da sparare un nemico prima che vi colpisca lo stordirete e avrete la possibilità di usare una mossa finale devastante; questa meccanica risulta quasi indispensabile contro alcuni boss molto vulnerabili ad essa.
Dove una volta c'erano armi e armatura a non finire in Bloodborne si è scelto di ridurre notevolmente la quantità a favore della qualità: ogni arma è unica, con il proprio moveset e la propria trasformazione, ogni giocatore troverà quella preferita, anche se il bilanciamento non è perfetto e alcune risultano più utili delle altre... Nota dolente per le armature invece: non potenziabili, in certe zone bisogna cambiarla spesso per far fronte ai nemici; sarebbe bastato poter potenziare almeno le resistenze per renderle più utili.


Non tutto è sangue ciò che luccica
Bloodborne è un titolo perfetto? Purtroppo no, si perde in ingenuità abbastanza assurde: il maggior problema riguarda i caricamenti: oltre 40 secondi per passare dal Sogno del cacciatore (l'HUB centrale del gioco, dove si va per aumentare di livello o comprare equipaggiamento e item) alla città. Questo difetto si riscontra maggiormente quando volete passare da un'area all'altra, il procedimento da seguire è questo: andare ad una lanterna, tornare al sogno del cacciatore, 20 secondi di caricamento, scegliere la nuova zona, altri 40 secondi di caricamento. Volendo potete mettervi a studiare ingegneria durante i caricamenti: verso la fine del gioco potrete progettare un acceleratore di particelle perfettamente funzionante.
Un altro problema è la gestione delle invasioni e della coop: infatti il sistema non è comodo come in passato, non potrete più vedere quanti giocatori sono disponibili ad aiutarvi nella vostra zona e le attese per trovare qualcuno sono bibliche; in fin dei conti creare l'acceleratore di cui sopra è più semplice che riuscire a giocare con qualcuno.
Un altro difetto sono i chalice dungeon, dungeon procedurali che più monotoni non si può, nascondono boss e indizi utili alla lore del gioco; fare qualche dungeon principale in più, no?


Spettacolo di sangue
Dove il gioco stupisce è nel comparto tecnico, davvero ottimo considerando la vastità dell'ambiente di gioco, le animazioni sono sempre fluide e il design di ogni ambientazione è fuori parametro, nel gioco l'atmosfera che si respira è sublime e non la dimenticherete facilmente. Il level design delle ambientazione è anch'esso al vertice, ad un certo punto del gioco non potrete far altro che riconoscere la genialità di un passaggio che collega due aree.
Anche i boss godono di un design eccellente, sebbene non siano difficili come in passato, paradossalmente alcuni mob potrebbero mettervi in difficoltà più dei boss (salvo un paio).
La longevità si attesta su buoni livelli, circa 40 ore completando un po' di tutto, cresce esponenzialmente con i vari NG+ e cercando di scoprire tutti i segreti.


COMMENTO FINALE:
Bloodborne è il primo gioco per cui realmente vale la pena avere una PS4, il mondo di gioco è enorme e bellissimo, l'atmosfera è fantastica e il grado di sfida finalmente è impegnativo, scordatevi di finirlo senza una buona abilità pad alla mano. I difetti passano assolutamente in secondo piano davanti a tutto il ben di Dio che c'è mentre si gioca. Forse non è un gioco per tutti, ma chiunque dovrebbe provarlo almeno una volta.

sabato 18 aprile 2015

STAFF

CHI SIAMO? COSA VOGLIAMO? 


SerialPlayers nasce con l'obiettivo di fornire un punto di vista alternativo ai classici siti videoludici, con un occhio più critico e con l'intenzione di far emergere quei giochi che magari sono passati un po' in sordina.
Ciò che ci preme più di tutto è far sì che chi va ad acquistare un gioco sia il più informato possibile sul titolo stesso, segnalando problemi e analizzando ogni aspetto, anche la sceneggiatura nel caso il gioco puntasse sulla trama; cosa che spesso i maggiori siti non fanno.
Specifichiamo che per quanto possiamo cercare di essere il più analitici possibili, i gusti personali concorrono chiaramente col formare il giudizio complessivo; questo però non ci impedisce di citare i difetti anche del nostro titolo preferito.

MEMBRI:
  • Calvinator2: hho deciso di creare il blog dopo l'ennesima incul... fregatura subita seguendo i consigli degli "esperti" del settore. Sono praticamente nato col pad in mano e mi piace giocare un po' di tutto: dagli RTS ai GDR, passando per FPS, TPS e giochi di guida arcade. Ci tengo a segnalare che ero 7° al mondo a Gears 2 in modalità Guardiano, così, giusto per vantarmi un po'.
  • Lorenzo Drake: visitando per la prima volta questo blog, pensai immediatamente che fosse la miglior scelta che potessi fare per recensire e ne sono ancora convinto. Ritengo molto importante l'oggettività: giudicare un titolo per ciò che è realmente e senza influenze di natura commerciale come purtroppo accade per la maggior parte dei principali siti videoludici d'oggi. Sono un appassionato di videogiochi fin da quando ero piccolo e mi piacciono tutti i generi, fuorché gli sportivi; nonostante non ne abbia giocate moltissime, posso dire senza troppi dubbi che il mio genere preferito siano le avventure grafiche.
  • Erik (Sg. Enigma): hnato, per mia fortuna, con un cugino che da subito mi ha trasmesso una forte passione per i videogiochi a tal punto che in tenera età ero già su Nintendo 64, dopo aver visto 4 diverse generazioni scorrermi davanti a gli occhi ho sviluppato un forte interesse per questo tipo di "giornalismo" in ambito ludico Dopo aver collaborato come recensore in siti ben più noti ho visto questo blog come ultima speranza per avere l'opportunità di dire la mia opinione, e giudicare realmente in maniera oggettiva un titolo,senza dover ricevere le limitazioni imposte precedentemente dalle pubblicità che per ovvi motivi vanno a rendere le recensioni "meno oggettive"

domenica 15 marzo 2015

Hotline Miami - Recensione


Recensione a cura di Lorenzo "DrakeGeneration"
8.5
Stile grafico ricercato
Gameplay violentissimo e impegnativo
Narrativa criptica ma elaborata
Colonna sonora ipnotica

Lock on su PS3 deludente
I.A. decisamente migliorabile

A un anno dall'uscita su PC, Hotline Miami è ormai un cult, un titolo unico che molti aspettavano su console. Il team indipendente Dennation Games ha realizzato un porting su Ps3, PS4 e PsVita all'economico prezzo di €7,99, per la felicità degli utenti Sony. Ora non avete più scuse per lasciarvi scappare questa perla indie dalla grande personalità. Se pensate che sia qualcosa di simile ai primi Grand Theft Auto vi sbagliate, si tratta di un action unico e stiloso come pochi.

Un pluriomicida in una Miami perversa e malata
Ambientato in una disturbante Miami fine anni 80', un serial killer si risveglia in una stanza con tre misteriosi personaggi mascherati, dopodichè dei flashback spiegano come è arrivato in quella situazione. Narrativamente non è un titolo comune, semmai è una malsana critica a un mondo corrotto e allucinato, presentato con folli personaggi e una struttura narrativa disorientante e spesso illogica ma che nasconde una storia coerente e motivata, fino a al sorprendente e bizzarro finale, il quale a sua volta nasconde un vero finale ottenibile sbloccando ogni collezionabile e risolvendo un enigma che si rivela un brillante inside joke sulla follia umana. In ogni capitolo il protagonista ha un bersaglio da assassinare e per arrivarvi verrà generato un massacro ripercorribile una volta finito il capitolo, qui si interrompe istantaneamente l'ipnotica musica e nel silenzio percorriamo ambienti straziati da sangue e cadaveri. Tra un capitolo e l'altro si fa visita a luoghi comuni come negozi di elettronica e ristoranti per ottenere informazioni dai titolari. Le linee di dialogo sono uguali a quelle dei primi giochi anni 90' con scritte grandi e colorate, scelta azzeccatissima che immerge ancor di più nel periodo. L'unico problema che può minare la conoscenza della già complessa e confusionaria trama è la sola lingua inglese disponibile.


Pura violenza... ma la tattica conta (e anche molto)
La visuale è isometrica, il protagonista si muove all'interno di stage a più piani che dovranno essere interamente ripuliti dalla presenza nemica per avanzare. Prima di iniziare un capitolo si deve scegliere una maschera, ognuna ha abilità ben precise come combo maggiori e velocità aumentata, le quali si sbloccano proseguendo con i capitoli e esplorando l'ambiente, complessivamente ce ne sono 26. Sono disponibili tutti i generi di armi, dalle più comuni come mazze e spranghe, a coltelli e armi da lancio, fino a armi da fuoco che comprendono fucili a pompa, mitragliatori e pistole. Si trovano nei livelli e cambiano dinamicamente la loro presenza, quindi una volta si può trovare una mazza e la volta dopo una pistola. Si possono utilizzare approcci stealth senza essere individuati, quindi accoltellando e utilizzando armi da lancio, oppure avanzare sparando ma sappiate che alternare strategie è importante, infatti alcune armi bianche possono rompersi e le armi hanno poche munizioni. Consigliamo di giocarlo su PS4 o su PsVita, le quali grazie ai rispettivi touch pad e touch screen, permettono una maggiore precisione nelle scene più frenetiche e una pianificazione più attenta dello scenario; su PS3 purtroppo può essere frustrante l'assenza di un lock on efficiente. Con un tasto d'attacco si realizzano violentissime esecuzioni. Dei pannelli di vetro nell'ambiente permettono di uccidere con armi da lancio furtivamente malcapitati in altre stanze. Si muore spesso, come in un trial and error, perciò con un tasto immediatamente si ricomincia la sequenza e si prova con un'altra soluzione. Oltre ai comuni avversari, sono presenti cani molto pericolosi e uomini corazzati invulnerabili alle armi bianche. La difficoltà è elevata, con un colpo si muore e bisogna completare un piano intero per continuare, per questi motivi non è un gioco per tutti. L'I.A. si comporta bene nella maggior parte dei casi, anche se sporadicamente si incastrano o non ci vedono se gli passi accanto, ma quest'ultimo è un problema anche di molti stealth game di produzioni tripla A, per cui non è così grave; si tratta comunque di un aspetto nettamente migliorabile. In alcuni capitoli ci sono ottime boss fight, divertenti e mai banali in cui conta soprattutto capire i pattern d'attacco dell'avversario. La difficoltà aumenta progredendo con i capitoli ed è sempre bilanciata perfettamente, solo negli ultimi capitoli si nota qualche eccesso con troppi nemici. Ottimo il level design che alterna spazi ampi ad altri chiusi, con stanze circolari ma anche corridoi per una grande varietà di ambienti. La rigiocabilità è garantita grazie al sistema di punteggi che a fine capitolo dà un punteggio, battere l'high score non è facile e ottenere A+ in ogni capitolo è molto arduo.


Miami a 16-bit è più bella che mai
Lo stile grafico è classificabile come un "finto" 16-bit molto ricercato ed estremamente violento. Miami è visitabile solo nei suoi interni, i quali sono realizzati ottimamente grazie alla buona cura degli arredementi, dei colori e delle fonti di luce. L'estrema violenza non lo rende adatto a tutti, infatti i nemici vengono smembrati e il sangue sgorga in quantità. Ma proprio questa sua ricerca di una violenza surreale e quasi onirica lo rende decisamente originale. Nota di merito alle curatissime animazioni, che esaltano le esecuzioni. Se il comparto tecnico è curatissimo, la colonna sonora lo è ancor di più, infatti è una delle migliori mai sentite in un videogioco, con brani estremamente ipnotici e adatti al contesto che difficilmente si dimenticano, durante i capitoli una musica simile aumenta notevolmente l'immersività; ben fatti anche gli effetti sonori con colpi secchi d'impatto sui nemici che siano armi da fuoco o spranghe. Un gioco con una simile personalità era tanto che non se ne vedevano e si spera che anche altre software house siano originali come Dennation Games.
La longevità non è elevata, si completano i 20 capitoli in circa 5/6 ore, ma la ricerca del punteggio perfetto e delle lettere per risolvere il codice enigma che sblocca l'alternative ending lo rendono molto rigiocabile e aumentano di non poco la durata complessiva.


COMMENTO FINALE

Dennation Games ha svolto un ottimo porting, con concrete migliorie al sistema di controllo su PsVita. Hotline Miami non è un gioco per tutti: malsano e allucinato, presenta un gameplay estremamente violento e ragionato; la grafica è stilosa e curatissima e la colonna sonora ipnotica Tutte queste qualità lo rendono un piccolo capolavoro del genere indie. Se non vi spaventa la violenza e l'assenza della lingua italiana, correte a comprare Hotline Miami.